venerdì 3 maggio 2024
Centro Astalli: sono aumentati i rifugiati nel 2011
di Gabriele Beltrami
Sono raddoppiati gli arrivi di migranti forzati nel 2011, ma i Gesuiti chiedono un rinnovato dibattito politico sul tema, a livello italiano e non solo.
30 marzo 2012
L’Europa, «ripiegata sui suoi problemi interni, ha abbondantemente disatteso le sue promesse di solidarietà: ad oggi si contano molti più rifugiati nel solo Kenya che nei 27 Stati membri. Detenzione, dinieghi, povertà estrema, marginalizzazione: su questi muri si infrangono le speranze di chi è arrivato in Europa a costo della vita». Così p. Giovanni La Manna, direttore del Centro Astalli, si è espresso presentando ieri mattina, 29 marzo, il Rapporto 2011 dell'associazione, fondata dai padri Gesuiti da più di 30 anni.

In Italia, dopo la stagione tragica dei respingimenti in mare, gli arrivi di migranti forzati sono ripresi: il numero delle domande è aumentato, anche se lontano da certe previsioni allarmistiche stile "invasione" e, aggiunge il religioso, «Resta la preoccupazione per la sostenibilità del sistema di accoglienza, oggi alimentato da un finanziamento straordinario e provvisorio, ma soprattutto per il permanere di circuiti di accoglienza diversi, che non comunicano tra loro».
C'è una chiara consapevolezza, nelle parole di p. La Manna, che, nonostante la profonda tristezza provocata dalla non ricezione del fenomeno "rifugiati", «non è questo il tempo di arrendersi alle difficoltà o di scoraggiarsi. Non si può sperare di uscire dalla crisi, senza una ripresa sostanziale del dibattito politico, chiamato a ritrovare la prospettiva ampia che dovrebbe essergli più propria e che da troppo tempo sembra aver perso. Mentre in Italia attendiamo ancora una legge organica in materia di asilo, l’Unione Europea è chiamata ad affrontare con coraggio le nuove sfide, come l’eccessiva difficoltà e pericolosità dei viaggi dei rifugiati: immaginare la possibilità di chiedere protezione internazionale anche fuori dai confini dell’Europa, potrebbe restituire concretezza a un diritto troppo spesso minato da respingimenti o tragici naufragi».

Nel corso del 2011, si legge nel rapporto, allo sportello lavoro del Centro si sono rivolte persone che, nella maggioranza dei casi, si trovano in Italia perlomeno da due anni e che purtroppo, dopo una fase di inserimento nella società con un piccolo lavoro, tornano a chiedere aiuto. Questo costituisce un blocco al raggiungimento dell’autonomia alloggiativa, ad esempio, dato che per affittare un appartamento è richiesta una garanzia economica decisamente irraggiungibile per un rifugiato. Anche i migranti economici, non costretti dalla forza ad abbandonare il proprio paese, stanno vivendo una condizione di particolare disagio: circa il 30% dei beneficiari delle iniziative del Centro Astalli di Palermo, per esempio, ha perso o rischia di perdere i requisiti per la validità del permesso di soggiorno.

Qualche dato può illuminare la situazione dei rifugiati accolti dal Centro Astalli: quasi il 65% dei 562 nuovi utenti, seguiti nel 2011 dal servizio d’ascolto e orientamento legale, sono risultati essere vittime di tortura e violenza intenzionale: 363 persone, per l'esattezza, la maggior parte delle quali è rappresentata da giovani uomini provenienti dal continente africano come Senegal (34%), Guinea (17%), Costa d’Avorio (16%), Mauritania (8%). Circa il 40% degli utenti ha già ottenuto una forma di protezione internazionale o umanitaria, mentre il rimanente 60% è costituito da richiedenti asilo.

«Sono storie di fragilità e di precarietà - ha ribadito monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei, nel suo intervento al termine della presentazione del Rapporto - che invocano la responsabilità di tutti, cittadini e istituzioni, ricordando il dettato costituzionale che afferma: Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge (Costituzione italiana, art. 10, comma 3) ».

30 marzo 2012
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