mercoledì 24 aprile 2024
Serey Die e la bufala del padre morto poche ore prima
di Giorgio Marota
Il calciatore della Costa d'Avorio si commuove durante l'inno nazionale e i giornali diffondono la falsa notizia della morte del padre, avvenuta in realtà nel 2004
20 giugno 2014

"Respect to Serey Die" è lo slogan apparso ieri sui social network subito dopo l’inizio di Colombia–Costa d’Avorio, match valido per la seconda giornata del Gruppo C dei mondiali, giocato alle ore 18 italiane a Brasilia. Sì perché Serey Die, giocatore ivoriano, è scoppiato in lacrime durante l’esecuzione dell’inno nazionale del suo Paese e le telecamere, pronte come sempre, lo hanno inquadrato.


Il suo volto in lacrime ha fatto il giro del mondo e tutti si sono chiesti il perché di quell’emozione. Lo scoop mondiale non aspettava altro che essere lanciato, così dopo qualche minuto le agenzie lanciano la notizia che il calciatore della Costa d'Avorio si sarebbe commosso per la morte del padre, avvenuta poche ore prima dall'inizio del match. “Respect to Serey Die” hanno pensato più o meno tutti. Lui sì che non è come quei mercenari europei che hanno fatto del pallone una sporca macchina da soldi... La comunicazione ci aveva appena dato in pasto ciò di cui molto spesso abbiamo bisogno: un eroe, sceso in campo con la morte nel cuore in onore del suo Paese.


I social network allora, termometro della volontà nazional popolare, impazziscono e con essi, il fenomeno Die. Così Facebook si popola di link di solidarietà per l’estremo gesto d’amore del calciatore africano, mentre su Twitter l'hashtag #respecttosereydie fa subito tendenza. Molti calciatori, vip e giornalisti, pubblicano post in omaggio al calciatore. La realtà però è ben diversa, ed è proprio il giocatore a fine partita a spiegare quelle lacrime, attraverso il suo profilo Instagram: “Mio padre è deceduto nel 2004. Sono state l'emozione e la fierezza di essere ivoriano e di difendere il mio Paese che mi hanno fatto piangere".


Una clamorosa gaffe giornalistica quindi, l’ennesima bufala mondiale dovuta alla frenesia dello notizia e ai tempi brevissimi a cui internet ci sta abituando. Un problema ormai noto nel mondo del giornalismo di oggi, che rende lo scoop come una corsa folle in cui vale tutto, persino speculazioni sulle più drammatiche tragedie familiari. Il giornalista oggi, come una iena, deve avventarsi sulla carcassa cercando di far valere il proprio diritto di precedenza, che tradotto in soldoni significa più click sul proprio sito e quindi, maggiori guadagni.


“Arrivare prima” sembra essere sempre più una priorità, ma internet e i social network, che viaggiano oramai molto più veloci della tradizionale informazione, aumentano il rischio di gaffe e bufale. Quindi se da un lato, con poca attenzione si calpesta la deontologia professionale, toccando tragedie familiari e strumentalizzando lacrime che nulla avevano a che fare con la morte, dall’altro bisogna sempre di più riflettere su un interrogativo allarmante: l’informazione online sta perdendo di qualità? Questo mondo dell’informazione che corre all’impazzata al ritmo vertiginoso di tweet e post, di siti online e corsa allo scoop, sta perdendo una delle sue caratteristiche fondamentali: la verifica delle fonti. E questo avviene sia per le testate minori, sia per i grandi siti di informazione a livello nazionale.

20 giugno 2014
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