giovedì 2 maggio 2024
Genova e la Nazionale. Quando il calcio è di troppo
di Giorgio Marota
La FIGC sposta l'amichevole del 18 Novembre tra Italia e Albania da Parma a Genova, in una città scossa ancora dall'alluvione. Una scelta solidale, ma inopportuna in una situazione di emergenza come quella che sta vivendo il capoluogo ligure
20 ottobre 2014

“Acqua che non si aspetta, altro che benedetta…acqua che porta male, sale dalle scale… sale senza sale, sale…acqua che spacca il monte che affonda terra e ponte […] acqua che ha fatto sera, che adesso si ritira. Bassa, sfila tra la gente, come un innocente che non c'entra niente…fredda come un dolore, Dolcenera senza cuore”


Recitava così quella bellissima canzone che il poeta – prima che cantautore – Fabrizio De Andrè, dedicò all’alluvione che ha messo in ginocchio Genova nel 1970. Una ballata struggente, piena di ricordi, di malinconia, di rabbia per quell’acqua che aveva spazzato via non solo pietre e mattoni, ma anche i sogni innocenti di un giovane innamorato della sua terra.


Genova, 44 anni dopo. Il Bisagno, il Feregiano e lo Sturla dicono basta ancora una volta, e tirano fuori tutto il loro sdegno uscendo fuori dai bacini che l’uomo ha costruito con poco senno e tanta superficialità. La natura si ribella, la sesta volta in 44 anni e 3 anni dopo l’ultima disastrosa esondazione. La “superba” Genova è di nuovo in ginocchio, ed un altro morto va ad aggiungersi alla terribile lista delle 57 vittime divorate dalla foga dell’acqua. Il resto è storia recente, come tutte le polemiche giuste o presunte fatte in questi giorni. Ragazzi che spalano fango, manutenzione, colpa del tempo, delle bombe d’acqua, del sindaco, dei consiglieri comunali e della regione. Colpa della gente, colpa della politica, colpa di Grillo, di Renzi e di Berlusconi. Colpa di tutti e colpa di nessuno, come in ogni tipica, drammatica emergenza italiana che si rispetti.


Come se non bastasse allora, ci si mette anche il calcio, che con le magagne italiane convoglia a nozze. Tutto già programmato e annunciato in pompa magna: il 18 novembre la nazionale di Antonio Conte scenderà in campo a Marassi (sì, proprio uno dei quartieri più colpiti dall’alluvione) nell’amichevole contro l’Albania, spostata per l’occasione da Parma, la città che era stata designata già da tempo. Il presidente federale Tavecchio ha dichiarato: “ci offriamo come strumento per la ricostruzione, contribuendo in prima fila al ritorno alla normalità”. Eh già, la normalità. Quella che chiedono, ormai senza voce, ma da anni, tutti i genovesi. E vai a capire che davvero era tutto così facile, che ci voleva il calcio per riportare la normalità nella Genova alluvionata. Si sa, i l calcio è indiscutibilmente molto più di un semplice sport, talvolta può persino ergersi a ente morale, tanta è la sua importanza nel nostro paese.


Siamo d’accordo su questo, siamo tutti consapevoli del grande ruolo sociale del calcio: un ruolo di solidarietà, di rispetto, di aiuto, di amicizia. La Nazionale vorrebbe esserci, vorrebbe testimoniare con la presenza una vicinanza fatta non solamente di parole. Una presenza tra la gente che soffre, e che potrebbe restituire coraggio, che potrebbe far ritrovare anche un minimo di fiducia nelle istituzioni, dopo la sfiducia di questi giorni. Tanto di cappello quindi per l’intenzione, ma nel pratico ci sono comunque dei fattori che vanno presi in considerazione. Uno fra tutti il costo del biglietto, un particolare non trascurabile, dato che, trattandosi di Nazionale, il tagliando avrebbe un costo tutt’altro che simbolico. Ma anche se fosse un solo euro, sarebbe poco elegante chiederlo a chi sta spalando il fango davanti alla propria casa. Ma non solo, a gravare sul bilancio dell’evento sarebbe tutta l’organizzazione che sta dietro una partita di calcio della nazionale italiana: forze dell’ordine, messa in sicurezza e tanto altro.


Tutto peserebbe, oltre che sulla Figc, anche sul capoluogo ligure. E allora la domanda che molti si fanno, genovesi e non, è proprio questa: “ma è il momento?”. Ce la facciamo quindi anche noi: è proprio questo il momento di far giocare l’Italia a Genova? Tavecchio e compagnia dovrebbero spiegarci se ritengono opportuno, in questa particolare situazione, far pagare un biglietto e le spese per l’organizzazione di un evento di tale portata ad una comunità in piena emergenza.


Chiedere ai genovesi di tirar fuori dei soldi per assistere ad una partita di calcio, in questo momento, sembra veramente una scelta folle. E a chi risponde, che comunque il ricavato andrà alle persone alluvionate, lasciamo come contro-risposta uno dei tanti commenti presenti sui social network. Il commento di un ragazzo, che come De Andrè forse, ha visto l’acqua spazzare via non solo pietre e mattoni, ma anche i suoi di sogni: “Che genialata. genovesi pagano il biglietto per i genovesi: cornuti e mazziati. Invece della partita che vengano a Genova a portare almeno una parola fra la gente che ha perso tutto”. C’è da aggiungere altro? Sì, che stasera nell’emergenza più totale e con il fango per le strade si gioca Genoa – Empoli. Con il minuto di silenzio, si intende.

20 ottobre 2014
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