venerdì 26 aprile 2024
Fenomeno Suor Cristina, «una partita non facile da giocare»
di Ermanno Giuca
Sin dal suo provino a The Voice la suora orsolina divide il pubblico tra chi crede nel suo progetto e chi la accusa di eccessivo protagonismo. Ma perché è nato il fenomeno e quanto durerà? Intervista a Fabio Pasqualetti, esperto di musica e comunicazione
27 dicembre 2014
Dopo aver duettato con Patti Smith durante il Concerto di Natale 2014 trasmesso da RaiDue, il 25 Dicembre ha affascinato gli spettatori della Germania durante il Die Helene Fischer Show, raccogliendo uno standing ovation del pubblico per la sua interpretazione di True colors di Cindy Lauper. È inevitabile considerarla un fenomeno mediatico, visti i pochi mesi che le sono bastati per conquistare pagine di quotidiani, apparizioni in tv, radio e web: digitando il suo nome su Google il motore di ricerca ci restituisce quasi 20.000.000 pagine che parlano di lei. Dopo il clamore suscitato dal suo primo singolo “Like a Virgin”, cover del brano di Madonna, da pochi giorni Suor Cristina Scuccia, la suora orsolina vincitrice dell’edizione 2014 di The Voice of Italy, è nuovamente sulla scena con il suo secondo video “Blessed be your name”.

Ma il successo comporta anche un prezzo da pagare. Quel semplice abito nero in contrasto con la mondanità dell’ambiente mediatico ha reso Suor Cristina un facile bersaglio di giudizi: c’è chi la considera uno dei volti della “nuova evangelizzazione” e chi la accusa di eccessivo protagonismo. Ma cosa sta alla base del successo di questa suora cantante? E soprattutto quanto durerà il fenomeno “Suor Cristina”? Abbiamo interpellato Fabio Pasqualetti già docente di Musica e Comunicazione presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma ed esperto di mezzi di comunicazione. È autore di “Giovani e musica. Una prospettiva educativa” (LAS, 2012) e di recente pubblicazione “Il concerto e la danza. Ritualità musicali giovanili” (Edizioni San Paolo, 2014).

Una religiosa orsolina in un talent show televisivo. Qual è stata la sua prima impressione su Suor Cristina?
«Talent show come The Voice sono format, che da una parte hanno il pregio di dare un palcoscenico a voci che probabilmente non avrebbero avuto altre possibilità, però dall’altra parte rappresentano pur sempre trasmissioni televisive con proprie regole, tutte finalizzate alla ricerca di audience e spettacolarizzazione dei personaggi. Lo stupore per Suor Cristina nasce per due motivi: innanzitutto c’è una precomprensione nei confronti degli uomini e delle donne di Chiesa, considerati come fossero completamente diversi dal mondo e dalla vita. Nel momento in cui un religioso o una religiosa indossano un determinato abito vengono incasellati all’interno di quel ruolo. La seconda motivazione deriva dal fatto che l’occidente, a livello musicale, ha negato il corpo per secoli: lo stesso cristianesimo ha vietato forme espressive come la danza, per il semplice fatto che erano usate dai pagani. Ecco perché vedere una suora che usa la voce, muovendosi a ritmo sul palco, ha creato subito scalpore».

Quindi anche i religiosi possono far parte del mondo dello spettacolo?
«Penso che i religiosi possano cantare, dipingere, ballare, scrivere poesie, scrivere romanzi e che questo modo di esprimere la loro vita dovrebbe essere normale per tutti. Mi auguro però che non trascurino il servizio per cui si sono consacrati. È anche vero che non si può essere ingenui quando si frequentano certi ambienti, bisogna avere la coscienza che entrare in un meccanismo televisivo come The Voice vuol dire essere sottoposti al bersagliamento dei giudizi. Nel caso di Suor Cristina penso che l’intenzionalità sia stata molteplice (la madre superiore e quella generale hanno acconsentito). Lo scopo credo sia stato quello di mostrare un’immagine di suora che non è una negazione di sé e delle proprie doti. E perché no, ipotizzo anche la possibilità di fare “marketing” per il proprio ordine. C’è il tentativo di far vedere come una certa vita sia ugualmente affascinante e attraente».

Suor Cristina ha ripetuto più volte di aver seguito il suggerimento di Papa Francesco che invita i cristiani a portare il Vangelo nelle “periferie esistenziali”. Il mondo dello spettacolo è una periferia?
«Era proprio necessario andare a The Voice? No, ma perché no? Da una parte si dice che i cristiani devono vivere nel mondo, però appena ci mettono piede li si critica. Da studioso di mezzi di comunicazione mi sento di dire che la televisione non è uno strumento innocente, quindi se Suor Cristina ha scelto quello spazio per far percepire un modo diverso di vivere la propria vocazione, deve essere cosciente che sarà usata e sfruttata. Però lo stesso rischio lo corre Papa Francesco, che con i suoi gesti e discorsi è certamente un “prodotto” usato e abusato da molti media. Papa Francesco dovrebbe rinunciare a quel che vuol fare perché sa di essere usato? Già leggendo il Vangelo ci accorgiamo che tutto ciò che Gesù diceva veniva usato contro di lui. Nel caso di Suor Cristina, però, l’elemento a cui prestare attenzione è il successo, una dimensione molto pericolosa. Gesù, infatti, tutte le volte che veniva acclamato fuggiva e non amava la folla osannante che si rivolgeva a lui solo per ottenere miracoli».




Per molti, Suor Cristina incarna quelli che sono i valori della “nuova evangelizzazione”. È d’accordo? «La novità non sta nel fatto che Suor Cristina sia andata a The Voice, la novità sarebbe se all’interno della Chiesa i religiosi e le varie comunità si riappropriassero dei linguaggi espressivi dell’arte. Un altro sensore è la gente. Se la gente applaude, si sente identificata con un personaggio è perché qualcosa sta parlando loro. Il successo di Suor Cristina è positivo in questo senso. Alla gente piace che la dimensione di vita di una religiosa si avvicini loro grazie alla musica. Ora, l’evangelizzazione non si gioca solo su questo piano, questa è solo una piccola componente. Però è bello pensare che in questo grande “ospedale da campo” che è la Chiesa (come l’ha definita Papa Francesco) ognuno abbia un suo spazio e un suo ruol l’ospedale funziona bene se ognuno dà il suo contributo, da chi pulisce i bagni fino a chi esegue l’operazione chirurgica».

Perché interpretare, come primo singolo dell’album, “Like a virgin” di Madonna? Non crede sia stata una scelta provocatoria? «Non so fino a che punto sia stata una sua scelta o un’operazione imposta dalla casa discografica. Chi vince The Voice ha come premio la pubblicazione di un cd che ovviamente ha esigenze di mercato e di marketing. E cosa c’è di meglio se non unire insieme il diavolo e l’acqua santa? Madonna è un’artista che ha narrato perfettamente il suo tempo, gli anni della globalizzazione, dei mutamenti, delle contaminazioni; basti pensare che ogni personaggio raffigurato nei suoi album è diverso da tutti gli altri. Questo ha colpito l’immaginario di milioni di ragazzi e di ragazze che hanno visto in lei un’icona del cambiamento dei tempi. Ora, contrapporre un’immagine così provocatoria come Madonna con un’immagine così aurea come Suor Cristina è un perfetto match. Premesso che Suor Cristina non ha bisogno di riscattare né Madonna né altri, credo sia stato interessante mostrare come una consacrata possa interpretare una canzone incisa da una grande pop star realizzando questo contrasto».

E del videoclip cosa ne pensa? «Apprezzo più quello di Madonna nonostante quello di Suor Cristina sia stato girato egregiamente. Ma è sola, è sempre sola, in una città dove non ci sono persone. Madonna invece nel suo videoclip si mostra alla gente che la ammira in gondola dai ponti di Venezia. Avrei preferito che anche Suor Cristina fosse stata più a contatto con gli altri perché se c’è un ruolo e una missione che il cristiano ha, è quella di stare in mezzo alla gente».




Durante l’uscita del suo disco “Sister Cristina” l’abbiamo vista ovunque: giornali, tv, radio e web. Perché tutta questa presenza mediatica? «Ha dovuto accondiscendere ad una pianifica di incontri e di interviste necessarie per promuovere l’uscita del cd. Questo lo fanno tutti gli artisti che firmano i contratti discografici con una major, persino i rapper più radicali (potremmo fare il caso dello stesso J-Ax che partecipando a The Voice ha smentito tutto ciò per cui ha lottato e narrato nelle sue canzoni). Se, invece, vuoi essere alternativo devi pagare un prezzo perché l’alternativa è la nicchia, non è il grande pubblico. Credo che da parte di Suor Cristina ci sia la voglia di presentare un immagine di suora che non fosse una suora “da sagrestia”. Il rischio più grande che correrà sarà lei stessa e come riuscirà a gestire la fama, la popolarità, il successo senza deviare da quella che è la sua scelta profonda. Ma io direi di aspettare un po’, sono tanti quegli artisti che arrivano all’apice del successo e poi, dopo pochi mesi, scompaiono dalla scena».




In effetti il suo album non ha scalato le classifiche come annunciato… «Il disco non è in altissime posizioni perché lei è un interprete, non è una cantautrice. Questo rappresenta uno dei suoi limiti maggiori di artista. Dovrebbe comporre o farsi comporre dei pezzi originali per seguire questa sua vocazione. Quando fai l’interprete o hai qualcuno che ti scrive pezzi, o finisci nel giro di chi ti propone cover che non rispecchiano la tua indole, la tua personalità, il tuo progetto».

Da religioso e da esperto di musica che consiglio darebbe a Suor Cristina? «Mi auguro possa far fruttare al meglio questo suo dono. Potrebbe metter su una scuola di canto, aiutare tanti giovani ad esprimersi con la musica, ad esempio. Non so se sia capace ma potrebbe iniziare a comporre lei stessa della musica, per la liturgia ma anche per dei momenti di festa. A me piacerebbe sentire più canzoni che mettano al centro la celebrazione della vita al contrario di molte musiche che preferiscono celebrare il soggetto nella sua esibizione più becera. Mi rendo conto, però, che non sarà una strada facile».



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