venerdì 26 aprile 2024
Tv del dolore, cattiva maestra assetata di ascolti
di Ermanno Giuca
La cronaca nera e giudiziaria occupa tre ore al giorno dei palinsesti televisivi italiani. Inviati irruenti, conduttori accaniti ed un’enfatizzazione eccessiva delle storie sono gli ingredienti della “Tv del dolore”. Una ricerca commissionata dall’OdG ne traccia il profilo
25 marzo 2015
La tv italiana pecca di pathos. A confermarcelo è la ricerca condotta dall’Osservatorio di Pavia Media Research sulla “Televisione del dolore: un’indagine sulle cattive pratiche televisive”. Scopo dello studio commissionato dall’Ordine nazionale dei Giornalisti è stato quello di analizzare la rappresentazione di casi di cronaca nera e giudiziaria nell’emittenza televisiva nazionale. I risultati parlano chiaro: un’attenzione eccessiva ai temi di cronaca nera (in media 3 ore al giorno), l’esposizione continua di vittime, familiari e conoscenti dei casi di cronaca più noti e infine un coinvolgimento di esperti  e ospiti che enfatizzano spesso le situazioni di dolore.

Il monitoraggio dei programmi televisivi in questione è avvenuto tra il 15 Settembre e il 15 Dicembre del 2014 e ha evidenziato come le reti ammiraglia Rai1 e Canale 5 trasmettano il 70% di questi format televisivi. Carenti anche i presentatori e ospiti iscritti all’Ordine dei Giornalisti (e che quindi dovrebbero conoscere le carte deontologiche). La percentuale più alta si registra nella trasmissione “Storie Vere” (Rai 1) con il 23,6 per cento di ospiti giornalisti, seguita da Mattino Cinque (Canale5) con il 17,6 per cento. Fanalini di coda in questa speciale graduatoria sono i programmi Domenica live (Canale5 con il 5,9 per cento) e Amore criminale (Rai3, 2,3 per cento). 

I ricercatori - come si legge nel comunicato stampa dell’OdG - hanno evidenziato 7 aree di criticità che, a diverso titolo e intensità, tornano nel racconto della cronaca nera e si delineano come esempi di cattive pratiche. Tra queste la raffigurazione strumentale del dolore inessenziale ai fini informativi; la spettacolarizzazione del dolore; l’eccesso patemico del racconto che sposta la missione dall’informazione all’intrattenimento; la narrazione empatica che attiva la sfera emotiva degli spettatori; il processo virtuale che riproduce in tv pratiche paraprocessuali; l’accanimento mediatico e l’irruenza degli inviati; la logica assorbente dell’infotainment.

Esistono carte deontologiche che tutelano i minori, i soggetti deboli e i protagonisti di casi giudiziari o di cronaca nera. Ma in Italia, per quanto dimostrato, la Tv continua a non volerne sapere di regole ed etica. E per quanto il sistema Auditel possa essere attendibile o meno, i conduttori, autori e produttori dei programmi ogni mattina attendono con ansia quel dato di ascolto che decreterà il successo della loro trasmissione. Poi, poco importa se il picco di share si raggiunge quando ad una madre viene comunicato, in diretta, il ritrovamento del cadavere della figlia scomparsa.


25 marzo 2015
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