giovedì 25 aprile 2024
Le Aquile Randagie nella Giungla Silente: la lotta degli Scout per la libertà
di Andrea Francesco Intraligi
A un secolo dalla fondazione dello scuotismo, intervista a Sergio Cametti, che rievoca il periodo fascista, quando l'associazione fu sciolta, anche se i suoi membri non si arresero
27 giugno 2015

Sono quasi le sei di pomeriggio. Una decina di bambini giocano a pallone nel cortile della chiesa romana di Santa Maria Goretti a viale Libia. Sergio ci viene incontro sorridendo. Indossa una camicia bianca e un paio di blue jeans. Ci invita a passare per una piccola porticina che da sul cortile. Scendiamo alcuni scalini e ci ritroviamo in uno scantinato, mentre i nostri occhi piano piano si abituano all'oscurità. Sergio, da bravo storiografo scout qual è, ci spiega fin da subito che ci troviamo all'interno della sede scout "Roma 63", che fu fondata nel 1916 e che - prima che il fascismo abolisse l'intero movimento scout - si chiamava "Roma 23". La stanza non è molto grande. Il tempo ha lasciato il segno sui muri scrostati e le grate arrugginite delle finestre. Sul pavimento dissestato aleggia uno strato di polvere.


Sergio racconta che, in Italia, il periodo tra il 1926 e il 1943 è chiamato "Giungla silente". Durante questo tempo centinaia di scout hanno continuato la loro attività in clandestinità, nonostante il fascismo lo vietasse. Sergio sfoglia con sicurezza i suoi documenti, mentre, inchiodata al muro, sopra il suo capo, fa capolino una tavoletta in legno con scritte le leggi che stanno alla base dello scoutismo. «Lo scoutismo era visto dal fascismo come un duplicato dei balilla», spiega, «ma non era possibile per il fascismo, tollerare un altro movimento che potesse affascinare i giovani. Mentre quello dei balilla era un movimento giovanile molto strutturato e codificato, lo scoutismo rispondeva molto di più a quello che i ragazzi richiedevano: lo spirito di avventura, di attività concreta immersi nella natura. Per questo motivo non era ben tollerato, tuttavia, essendo un'associazione cattolica, aveva la protezione della Chiesa. Ci furono dei tentativi di mantenere lo scoutismo vivo con degli aggiustamenti, come ad esempio mettere il distintivo dei balilla sopra a quello scout, cambiare un po' i nomi ai gruppi e alle associazioni, pur essendo queste associazioni cattoliche».


Ci fu anche qualche prova di scoutismo conciliato con il fascismo. «Qualcuno, pur comprendendo i limiti del fascismo dal punto di vista educativo, cercava di far sopravvivere lo scoutismo cercando un compromesso. Una di queste persone fu ad esempio Mario Mazza, che cercò, da maestro cattolico, di far costruire un'ideologia scout che potesse esser accettata dal fascismo. Addirittura aveva provato a mettere degli elementi di scoutismo nell'Opera Nazionale Balilla. Ma il compromesso non funzionò». C'è stato qualche tentativo di tollerare lo scoutismo da parte di alcune regioni italiane, di alcune prefetture fasciste, ma poi quando arrivò la legge detta “fascistissima”, che scioglieva tutti movimenti non fascisti, anche lo scoutismo fu sciolto. Da una parte il Papa diede un caldo suggerimento di non ostacolare quest'impegno da parte del fascismo di assorbire i ragazzi scout. Dall'altra parte lo scoutismo si sciolse da solo, perché fu posta una direttiva che diceva che dovevano essere portati nelle sedi le fiamme, i guidoni, i distintivi, e ogni altro oggetto scout, e depositati in modo tale che potessero essere conservati, anche se ufficialmente non avevano più luogo a esistere».


Alcuni  gruppi scout  rifiutarono di sciogliersi e mantennero le attività. «Questo portò anche a delle violenze perpetrate nei confronti dei capi e dei ragazzi. Un esempio fu il caso di don Minzoni, che fu ucciso perché proteggeva questo tipo di entità antifascista». Tuttavia, nel giro di poco tempo,  tutte le realtà furono estinte salvo che in due particolari casi: a Roma e Milano.

A Roma rimase una realtà mascherata, perché i gruppi scout si chiamavano gruppi missionari catechetici, anche se alle riunioni si ritrovavano con la divisa scout. Il gruppo di san Marco, a Piazza Venezia, aveva addirittura la sede nel palazzo di Mussolini. Il gruppo durò per tutto il periodo del fascismo.

A Milano l'esperienza fu più duratura ed  fu conosciuta come Aquile randagie: un gruppo i cui ragazzi uscivano dalla città in borghese e poi nei campi si mettevano le uniformi. «Questo è stato un segno importante per tutti gli altri gruppi, ad esempio quello di Monza, che si unì al gruppo di Milano entrando a far parte delle Aquile randagie. Queste realtà erano ben conosciute  dal fascismo che non le tollerava, ma non riusciva neanche a reprimerle. Soltanto un ragazzo fu intercettato, fu preso a bastonate e perse anche l'udito per un trauma alla testa. Tutto questo periodo è stato chiamato “giungla silente”», ricorda Cametti .


Sergio, mentre racconta queste cose, sembra averle vissute: i suoi occhi azzurri sembrano viaggiare nelle pagine dei suoi documenti storici, mentre le sue mani, muovendosi, sembrano disegnare nell’aria tutto ciò che  sta narrando.

Il seguito di Giungla Silente fu l'operazione Oscar. Con lo sbarco degli americani in Italia, tornò  la speranza di poter essere liberati, privi della guerra e liberi dai nazisti. «Le Aquile Randagie pensarono di poter ricostituire lo  scoutismo,  perché nell’enfasi  erano stati  riaperti alcuni gruppi scout. Tuttavia l'occupazione nazista si inasprì e ritenne necessario realizzare  la “soluzione finale” degli ebrei, dei profughi e dei dissidenti anche in Italia. Le Aquile Randagie trovarono una specificità di intervento, nell'aiutare queste persone che correvano il rischio di essere mandate in campi di sterminio. Oscar nacque come movimento per aiutare queste persone ad espatriare». Una delle persone che lavorò molto a questo fine, fu un sacerdote, Ghetti, che ebbe il permesso tacito dall'arcivescovo di Milano di fare questa operazione. Le persone prendevano contatto con  le Aquile  Randagie che, con le conoscenze che avevano del territorio, creavano percorsi di uscita e di salvezza.


«Le Aquile Randage hanno fatto la storia: se oggi un bambino vuole vivere appieno la realtà scout, lo deve soprattutto a loro», conclude Cametti.

Sono ormai quasi le otto di sera mentre si alza un leggero venticello. Dei bambini non c’è più traccia.

27 giugno 2015
AREA-
Il prezzo della cultura: quanto guadagna un professore universitario in Italia?
di Sabrina Battisti
I vantaggi e gli svantaggi della carriera accademica: i dati sugli stipendi in Italia, il confronto con gli altri Paesi dell'Unione Europea e qualche numero sui dottorati di ricerca italiani
27 mag 2023
Le donne si laureano più degli uomini, ma non nelle materie scientifiche
di Flaminia Marchese
Le donne sono più istruite degli uomini? I numeri parlano chiaro: il 57% dei laureati sono donne. Ma l'educazione ricevuta influenza le scelte
20 mag 2023
Cantava per strada, ora è tornata all'università. La rinascita delle Filippine passa dall'aiuto ai giovani
di Augustin RAHERIARISOA
Ecco come un missionario olandese ha aiutato una studentessa di Manila a riprendere gli studi. Il futuro è nella solidarietà
15 mag 2023
«È nelle relazioni che si cresce». L'impegno del nuovo decano di Filosofia all'Università Pontificia Salesiana
di Augustin RAHERIARISOA
Don Luis Rosón Galache è il nuovo Decano della Facoltà di Filosofia all'Unisal. Le sue principali sfide e progetti per il triennio
8 mag 2023
Università: il costo degli alloggi scoraggia le iscrizioni
di Susanna Zaffiro
Diminuiscono gli studenti negli atenei italiani, anche per motivi finanziari. A Milano una stanza costa più di quello che si guadagna con uno stage
2 mag 2023