venerdì 19 aprile 2024
La famiglia va guardata con misericordia e tenerezza
di Adjovi Pascaline Affognon
A un mese dal Sinodo, vale la pena ricordare i risultati raggiunti grazie a una discussione aperta, soprattutto l'invito ad accogliere le situazioni problematiche e complesse, a non giudicare ed a concepire una “pastorale inclusiva”
21 novembre 2015

È passato un mese dalla chiusura della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi sulla famiglia, tenutasi dal 4 al 25 ottobre 2015 a Roma, ma quell'esperienza non va sottovalutata, né dimenticata. Abbiamo incontrato don Aimable Musoni, professore di Teologia sistematica all'Università Pontificia Salesiana. Don Aimable è consultore della segretaria generale del Sinodo per il triennio 2015-2018 ed ha partecipato alla preparazione di questo Sinodo sulla famiglia, contribuendo ad elaborare - in una apposita commissione - l’Instrumentum laboris. Ha poi partecipato ai lavori del Sinodo stesso.


Lei è stato uno dei partecipanti al Sinodo dei vescovi sulla famiglia. Che sentimento ha provato quando ha ricevuto l’invito da papa Francesco a partecipare a questo incontro così importante?

« Per me è stata una grande gioia perché è un’opportunità unica per potere conoscere la situazione della famiglia oggi nella Chiesa cattolica e universale, ed anche per poter essere presente ad un Sinodo di vescovi: una grande esperienza di sinodalità, cioè di cammino insieme di tutta la Chiesa che si interroga e riflette alla luce della Parola di Dio. Per me è stata una grazia, una possibilità unica per conoscere da vicino alcuni pastori, responsabili della Chiesa, che accompagnano il suo cammino nel terzo millennio».


Qual è il contributo delle Chiese africane al Sinodo?

« Le Chiese africane, con i loro pastori africani, hanno certamente portato sensibilità e apertura alla Chiesa universale. Come si sa, la situazione della famiglia è diversa secondo le aree geografiche e i contesti culturali del mondo. In Africa sappiamo che la famiglia è in prima linea, e proprio l’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi dell’Africa nel 1994 aveva considerato la Chiesa come “famiglia di Dio”. Questa convinzione si radicava anche nell’esperienza socio-culturale e antropologica dell’Africa, dove ogni individuo appartiene ad una famiglia. C’è una specie di primato della famiglia sull’individuo e questo modo di comprendere la famiglia arricchisce certamente la realtà ecclesiale del mondo. I pastori africani hanno voluto considerare le difficoltà insieme con le sfide e soprattutto le gioie nella situazione della famiglia in Africa. Oggi si sottolinea in modo particolare la questione dell’amore tra gli sposi, della famiglia che in Africa genera ancora figli, però i pastori hanno anche ricordato la questione della poligamia, che tocca la famiglia in alcune nazioni africane, ma è difficilmente conciliabile con la fede cristiana. E poi, come si sa, le città in Africa soffrono difficoltà notevoli che riguardano lo scioglimento facile dell’unione matrimoniale, i divorzi, la precarietà, la povertà, la fame, le guerre che distruggono le famiglie; e poi i migranti, i rifugiati, le tante famiglie divise per vari motivi, soprattutto socio-economici e di guerra. I nostri pastori si sono fatti carico di dare voce a tante di queste situazioni, anche per interpellare la Chiesa universale a riguardo».


C'è un aspetto del documento finale che vorrebbe sottolineare?

« Il documento finale che è stato pubblicato con il permesso del papa Francesco contiene tre parti. La prima è intitolata “La Chiesa in ascolto della famiglia”, la seconda è “La famiglia nel piano di Dio” e la terza parte considera “La missione della famiglia”. Nella prima parte viene presentata la famiglia e il contesto antropologico-culturale, sociale e del dialogo ecumenico e interreligioso; la famiglia e la sua inclusione nella società; la famiglia, l’affettività e la vita. Soprattutto qui si evidenziano le sfide che attanagliano la famiglia oggi. Nella seconda parte si considera la famiglia nel progetto di Dio e si cerca di rileggere, alla luce della fede, quale sia la sua identità nella storia della salvezza e nel Magistero della Chiesa. Al termine di questa parte ci si interroga sulla pienezza ecclesiale della famiglia. L’altra parte del documento riguarda la missione della Chiesa. Si sofferma su un capitolo importante che riguarda la formazione della famiglia, la questione della generatività e l’educazione nella famiglia. Una questione affrontata chiaramente è l’accompagnamento pastorale, soprattutto nelle situazioni complesse in cui si cerca, nel discernimento, una possibile integrazione, più o meno piena, nella realtà ecclesiale. L’ultimo punto riguarda la famiglia e l’evangelizzazione e su questo mi piace sottolineare quanto si sia evidenziata la spiritualità famigliare e il fatto che la famiglia sia e debba essere soggetto della pastorale e dell’evangelizzazione oggi. Così si pone nel magistero attuale di papa Francesco che insiste su misericordia e tenerezza e ci invita a tenere conto di queste due virtù pastorali quando consideriamo la realtà della famiglia odierna».  


Le sue impressioni dopo avere vissuto questa esperienza di Chiesa?

«Le mie impressioni sono positive, anche se ci sono state discussioni vivaci, a volte con opinioni diverse tra vescovi e cardinali, però allo stesso tempo ciò che trovo molto positivo è che papa Francesco ci abbia permesso una discussione aperta. Egli usa spesso la parola parresia, questa franchezza nello scambio, nel dialogo e proprio da qui scaturisce la verità e si può sapere quale cammino intraprendere alla luce della fede, per illuminare la situazione della famiglia oggi, quale soggetto dell’evangelizzazione. Quindi questo tempo deve essere proprio un’occasione di rilancio della famiglia nella sua partecipazione, nel suo ruolo di edificazione della Chiesa, la famiglia in quanto “Chiesa domestica” e “piccola Chiesa”».


Qual è l’impatto del Sinodo sulla vita delle famiglie?

«È ovviamente limitato, tenendo conto del fatto che il Sinodo non è un organo deliberativo, che decide, ma piuttosto un organo consultivo che propone orientamenti al santo Padre, il quale deciderà sul da farsi. Probabilmente, partendo dall’esperienza passata, possiamo pensare che pubblicherà un’esortazione apostolica post-sinodale, proprio partendo da considerazioni e orientamenti consegnatigli dai padri sinodali. Intanto, attendendo che papa Francesco pubblichi un documento, credo si possa dire che il risultato di questo Sinodo è di aver invitato tutti i membri della Chiesa, compresi i fedeli laici, a guardare, con misericordia e tenerezza, soprattutto le situazioni problematiche e complesse, a non giudicare ed anche a concepire una specie di “pastorale inclusiva”, che non esclude nessun ognuno, nella sua situazione, possa trovare il suo posto nella Chiesa! Ovviamente si tratta di un’integrazione, di una partecipazione differenziata a partire dallo stato di ognuno, pero è un invito rivolto a tutti. Così c’è la gioia della famiglia, che è sempre la cellula - base della Chiesa».


C’è qualche novità dal Sinodo sulle questioni problematiche?

«Riguardo alle novità, direi che non sono cose eccezionali, però c’è una sottolineatura nuova, una bella sensibilità verso l’accoglienza di tutti, questa “pastorale inclusiva” di tutti, anche delle famiglie in difficoltà. Penso che qui possiamo trovare un’accentuazione diversa rispetto a prima. In alcuni paragrafi dell’ultima parte si va oltre… viene proposto di affidare dei ruoli nella liturgia, nella pastorale, nella vita della Chiesa, anche alle famiglie irregolari o in difficoltà. Questo è un aspetto che finora sembrava piuttosto limitato. Posso dare un esempio concreto. Nel Sinodo si suggeriva di dare l’opportunità a famiglie con difficoltà, separate, a coppie di divorziati e risposati, di essere - ad esempio – padrini e madrine, fatto di solito non permesso precedentemente. Però è vero che anche queste persone hanno il compito di educare alla fede, e i padri sinodali hanno proposto per loro questa nuova possibilità d’integrazione. Non dimentichiamo anche la questione degli omosessuali che non è stata molto approfondita, però la Chiesa ha chiesto non solo di non avere pregiudizi e giudizi negativi, ma anche di mostrarsi accoglienti nelle comunità cristiane, specialmente là dove queste persone si sentano chiamate a partecipare alla vita ecclesiale. Ovviamente dare nuove possibilità in queste situazioni complesse deve essere inteso come un invito adun cammino di conversione e di penitenza».


È soddisfatto dei lavori del Sinodo?

«Come ho detto prima, penso che il Sinodo abbia affrontato problematiche difficili e forse non avrà dato tutte le risposte che forse alcune persone si aspettavano dall’esterno e come tanti giornalisti avevano forse sperato. Anche le aspettative erano molte, però io sono soddisfatto di ciò che è stato realizzato, soprattutto del clima dell’approccio pastorale che va nel senso dell’orientamento di papa Francesco, che non vuole giudicare, ma accogliere tutti. Questa prossimità inclusiva mi sembra un risultato importante a prescindere dai documenti che saranno pubblicati in seguit questo dovrebbe perciò cambiare la mentalità di tutti noi verso l’accoglienza e l’integrazione di chiunque nella vita della Chiesa, che non può escludere nessuno».  


Un’ultima parola

« Partecipare al Sinodo è stata una grazia, un’opportunità per tuffarmi nella Chiesa universale che riflette sulla famiglia e che cerca via di uscita e di illuminazione della realtà familiare, perché questa sia protagonista e cellula della nuova evangelizzazione. Questo per me è stato importante ed è necessario oggi: che la famiglia sia “chiesa domestica” e possa testimoniare Cristo nella complessa realtà odierna».

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