venerdì 26 aprile 2024
Brexit. Lettera di un cittadino europeo all'Europa che verrà
di Giorgio Marota
In Gran Bretagna il referendum ha espresso la volontà popolare di lasciare l'Ue. Il sogno di pace e solidarietà chiamato Europa sembra aver fallito, calpestato da politica ed economia. Ma ci sono giovani che ci credono ancora
24 giugno 2016
Cara Europa ti scrivo, perché da oggi mi sento un po’ più solo. Qualcuno si è dimenticato di te, altri invece ti hanno chiuso le porte in faccia, stufi dei tuoi atteggiamenti. Ad esempio il Regno Unito, che tramite un referendum popolare (Brexit) in cui ha votato il 72% degli aventi diritto, ha scelto la strada del divorzio. Non era mai accaduto in una storia che va avanti, seppur in varie forme, dal 1952, quando nacque la Comunità europea del carbone e dell’acciaio.

In Gran Bretagna ha vinto il “Leave” (lasciare) contro il “Remain”, che invece voleva il popolo di sua Maestà ancora dentro l’Unione. I vincitori gridano all’ “Independence day” in stile americano, il premier Cameron invece, sconfitto, si dimetterà. Il Regno Unito è fuori dall’Unione Europea, le ricadute finanziarie e politiche assumono scenari imprevedibili, ma la grande rivoluzione è soprattutto ideologica. Europa, dov’è finito il tuo grande sogno? E soprattutto, perché i tuoi cittadini non ci credono più? Il caso Gran Bretagna potrebbe causare un vero effetto domino e tutti cominceremo a chiederci – qualcuno lo ha già fatto - cosa ne faremo ora dell’ideale che ha portato le generazioni del dopoguerra ad unirsi sotto la tua unica grande bandiera. L’Europa delle banche ti ha distrutto cara vecchia Europa, spazzando via quella rete solidale che avevi creato.

L'economia è sempre meno attenta ai bisogni dell’uomo e sempre più fondata sulla finanza. Ha tagliato le gambe alle fasce più deboli, mentre le politiche di austerità – che si sono adattate a regole generali di mercato - hanno punito e premiato Stati con regole che sono quanto più lontano esiste dall’idea di casa comune. Regole imposte da chi? Con quali interessi? Domande che la gente si fa da almeno un decennio, a cui fin qui nessuna classe politica ha saputo dare risposte concrete e plausibili. Le conseguenze però le hanno pagate i tuoi cittadini, vecchia Unione, scottandosi sulla propria pelle.

Questa Europa ha ancora un senso nella società dell’individuo? Diciamolo senza timore di essere smentiti: avere degli ideali, oggi, equivale ad essere bollati come sognatori disillusi. Il mondo della concretezza, del qui ed ora, non lo consente. E allora cosa vuol dire, per noi oggi, quella bandiera blu con le stelle in circolo? Per gli inglesi e per i milioni di separatisti non ha più significato. Ma attenzione a calpestare la storia, perché quel simbolo è stato il risultato di secoli di sangue versato per la libertà: dall’illuminismo che ha ispirato la rivoluzione francese fino al crollo del nazifascismo. Egalité, liberté e fraternité non è uno slogan che appartiene solo ai transalpini, ma rappresenta la lotta di classe che i nostri avi hanno combattuto per renderci liberi in un mondo libero, capaci di vivere la nostra vita nel segno della cittadinanza e non più della sudditanza. Nasci così, Europa, con questa idea che poi rifiorisce dopo la seconda guerra mondiale. Perché stando in Europa abbiamo conquistato tanti successi: la libera circolazione di persone, di merci, servizi e dei capitali, la promozione della pace, di valori e il benessere dei popoli, la lotta contro l'esclusione sociale e la discriminazione, il favorire il progresso scientifico e tecnologico e il mirare alla coesione economica, sociale, territoriale e solidale tra gli stati membri.

Ma la scelta della Gran Bretagna è soprattutto uno schiaffo all’immigrazione, in particolare quella dei cittadini europei, accusati di “rubare” il lavoro ai britannici e di sfruttare il welfare state mettendo a dura prova i servizi pubblici. E pensare che tra i giovani dai 18 ai 24 anni – coloro che hanno più problemi nel trovare lavoro – hanno votato per restare nell’Ue il 64%. Loro, che rappresentano il futuro, sono stati sovrastati dalla fascia di popolazione più anziana (più di 65 anni) che invece ha votato “Leave” (lasciare) con il 58%. Più che anziani, disillusi, che hanno smesso di credere nei diritti comuni e nell’accoglienza, capisaldi storici dell’Unione. E questa, cara Europa, è la fotografia più drammatica del Brexit. Ma ora noi giovani che (in Uk lo dicono i dati) ancora ci crediamo, suggeriamo il rilancio, a partire da una Costituzione che ancora non abbiamo. Vogliamo riprovarci con più convinzione? Ci lavoreremo tutti, in lingue e modi diversi, e forse quel sogno non finirà.
24 giugno 2016
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