sabato 20 aprile 2024
Olimpiadi 2024. Un'occasione fallita per far rinascere Roma
di Giorgio Marota
La sindaca Raggi dice no alla candidatura per i Giochi olimpici. Una decisione figlia dell'immobilismo, arrivata da chi, con un ruolo da protagonista, aveva promesso di cambiare tutto
22 settembre 2016
Poteva davvero cambiare tutto. Rimarrà invece tutto com’è, in attesa di una svolta politica che al momento tarda ad arrivare. Con il no alle Olimpiadi, Roma ha perso letteralmente un’occasione. Per migliorare sé stessa, le proprie politiche sociali e quelle infrastrutture fatiscenti che in tanti, forse troppi, promettono di riqualificare. Non è solo questione di sport, con Roma 2024 tutto il Paese avrebbe potuto dare un segnale forte, interrompendo una malapolitica che ha portato ad una sfiducia collettiva verso le istituzioni. La sindaca Raggi è stata chiara: “È da irresponsabili dire sì a queste Olimpiadi – ha spiegato in una conferenza stampa - Stiamo pagando ancora i debiti di quelle del 1960. Non abbiamo mai cambiato idea, non ipotechiamo il futuro di Roma. Ci chiedono di fare altri debiti per i romani: noi non ce la sentiamo”.

Molti romani hanno appoggiato la scelta dell'amministrazione, ma sono tanti i delusi. Anche perché è sempre più evidente la consapevolezza che le Olimpiadi, se fatte bene (vedi Londra e i suoi benefici anche per il mondo della disabilità), possono far cambiare letteralmente volto ad una città. La storia è sempre quella: in una città che avrebbe bisogno di opere concrete e decisioni, nessuno si assume mai la responsabilità e tutto rimane fermo ad un ipotetico "vorrei ma non posso". E per il Movimento 5 Stelle, che ha promesso negli ultimi anni una rivoluzione del modo di fare politica, il rifiuto olimpico può anche assumere i connotati di una grande chance fallita. Per usare una metafora scolastica, siamo di fronte ad un esame di maturità non superato, o ancora peggio, ad un candidato che non si è proprio presentato davanti alla commissione. Una forza politica che si candida a governare il Paese nel 2018 avrebbe potuto e dovuto fare di più del semplice tirarsi indietro alla prima vera occasione per scendere in campo da protagonisti. E in questo caso i grillini avrebbero avuto carta bianca su tutto: scegliere loro le modalità e i tempi per la realizzazione dei lavori, scegliere le persone giuste e metterle al posto giusto, basandosi esclusivamente su meritocrazia e trasparenza. E nel caso in cui questo sarebbe stato impossibile, attanagliati dalle fantomatiche lobby del potere, la Raggi avrebbe persino potuto far saltare il banco, dimostrando a tutti che le cose si fanno seguendo una linea ben definita, o altrimenti non si fanno.

Da chi ha sostenuto di voler rifondare un Paese figlio di una corruzione dilagante e di scandali quotidiani (Mafia Capitale insegna) ci saremmo aspettati una dimostrazione di buongoverno: appalti pubblici senza corrompere e rubare, infrastrutture con sprechi ridotti all’osso e la possibilità di organizzare un grande evento senza cementificazione selvaggia. Magari Roma avrebbe assunto i connotati di una grande metropoli ecologica, per rimanere su uno dei temi a cui i grillini tengono di più. Insomma, il grande desiderio di ridare a Roma un abito nuovo, permettendole di partecipare ad un gran ballo con altre grandi città mondiali (Los Angeles, Budapest e Parigi le altre candidate, il Cio deciderà tra un anno a chi assegnare i Giochi), è morto sul nascere e ormai si aspetta solo il ritiro ufficiale, che la giunta romana ratificherà a breve. A meno di un dietrofront che avrebbe del clamoroso dopo lo scontro Raggi-Malagò di ieri, ma a che a questo punto, in una città destinata a piangersi addosso, potrebbe persino diventare una storia folle ma di ordinaria amministrazione.
22 settembre 2016
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