sabato 27 aprile 2024
Papa Francesco: "Ho sentito il dolore!". Il popolo africano: "Abbiamo sentito la gioia"
di Dieudonné Niyibizi
“Vengo come pellegrino di pace, e mi presento come apostolo di speranza”. Il papa in Africa ha lanciato un messaggio di pace e di giustizia, che le popolazioni non dimenticheranno
3 dicembre 2015

Dal 25 al 30 di novembre 2015, Papa Francesco ha visitato il continente africano recandosi in Kenya, Uganda e repubblica Centrafricana. L’Africa, continente verde, è cristiano cattolico, ricco in valori umani e in risorse naturali. Per sua ricchezza, l’Africa è terreno di guerra, di democrazia quasi mancata. Il Kenya è minacciato dai gruppi terroristi Al Shabab che hanno ucciso 147 studenti cristiani il 9 aprile 2015 nel campus universitario di Garissa. L’Uganda, paese dei martiri, conosce una stabilità relativa e sta cercando la democrazia, mentre la Repubblica Centrafricana è immersa in una guerra tra fratelli cristiani e musulmani.


All’arrivo in Kenya, il papa, messaggero di pace per l’Africa, firma nel libro d’oro: “May Almighty God abundantly bless the Republic of Kenya and grant peace and joy to all her children”. Augura la pace e la gioia ai figli della nazione. Difensore della giustizia sociale, il papa chiama le autorità keniote ad “operare con integrità e trasparenza per il bene comune e a promuovere uno spirito di solidarietà a ogni livello della società.” Davanti alla povertà del continente, il papa chiede i leader di “dimostrare una genuina preoccupazione per i bisogni dei poveri, per le aspirazioni dei giovani e per una giusta distribuzione delle risorse umane e naturali con le quali il Creatore ha benedetto il vostro Paese”. Così pianterà un albero in “segno eloquente di speranza nel futuro e di fiducia nella crescita donata da Dio sostenervi negli sforzi di coltivare una società solidale, giusta e pacifica sul suolo di questo Paese e in tutto il grande Continente africano". Le autorità delle Nazioni Unite a Nairobi trovino in quest’albero uno stimolo “a continuare ad avere fiducia, a sperare e soprattutto a impegnarci concretamente per trasformare tutte le situazioni d’ingiustizia e di degrado”. In un paese ferito dall’uccisione dei ragazzi, perché non sono musulmani, il papa non mancherà di affermare che “il dialogo ecumenico e interreligioso non è un lusso. Non è qualcosa di aggiuntivo o di opzionale, ma è essenziale, è qualcosa di cui il nostro mondo, ferito da conflitti e divisioni, ha sempre più bisogno”. Dio è padre di tutti. “Il suo santo Nome non deve mai essere usato per giustificare l’odio e la violenza”.


Il Kenya è un paese in cui crescono le città, ma anche le periferie. Il papa chiama i leader a lavorare per l’integrazione sociale di tutti. Si rivolge ai poveri del quartiere di Kangemi e li incoraggia: “Sono qui perché voglio che sappiate che le vostre gioie e speranze, le vostre angosce e i vostri dolori non mi sono indifferenti. Conosco le difficoltà che incontrate giorno per giorno! Come possiamo non denunciare le ingiustizie subite?”. Nel suo viaggio ritorno, lascerà queste parole : “Ho sentito il dolore. E penso a come la gente non se ne accorge… Un grande dolore.”


In Uganda, il papa ha trovato una grande folla gioiosa, fedele alla devozione ai martiri. Nella messa celebrata al Santuario dei Martiri Ugandesi di Namugongo, il papa chiama il popolo ugandese a imitare i loro fratelli martiri, in quanto la loro testimonianza “offre uno scopo alla vita in questo mondo e ci aiuta a raggiungere i bisognosi, a cooperare con gli altri per il bene comune e a costruire una società più giusta, che promuova la dignità umana, senza escludere nessuno, che difenda la vita, dono di Dio, e protegga le meraviglie della natura, il creato, la nostra casa comune.” Ai ragazzi ugandesi disperati,che hanno avuto l’opportunità si intrattenersi con il santo Padre, e a tutti giovani africani il Papa Francesco dirà: “ Sempre si può! La nostra vita è come un seme: per vivere occorre morire; e morire a volte fisicamente, come è successo ai compagni di Emmanuel. Morire come sono morti Carlo Lwanga e i martiri dell’Uganda. Ma attraverso questa morte c’è una vita, una vita per tutti. Se io trasformo il negativo in positivo, sono un trionfatore.” Il suo invito è riassunto in tre parole. “La prima: superare le difficoltà. La seconda: trasformare il negativo in positivo. La terza: preghiera.”


Nella Repubblica Centrafricana, Papa Francesco non manca di esprimere direttamente il motivo del suo viaggi: “Vengo come pellegrino di pace, e mi presento come apostolo di speranza”. Nel suo messaggio, invita i fratelli in guerra a riconoscere la dignità in ognuno di loro.“Ogni persona ha una dignità.” “È proprio questo valore morale, sinonimo di onestà, di lealtà, di grazia e di onore, che caratterizza gli uomini e le donne consapevoli dei loro diritti come dei loro doveri e che li porta al rispetto reciproco”. Chiama quelli che hanno i mezzi a prendersi cura dei poveri, chiede ai leader di assicurare “l’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria, la lotta contro la malnutrizione e la lotta per garantire a tutti un’abitazione decente dovrebbe essere al primo posto di uno sviluppo attento alla dignità umana”.


Poiché è un Paese in guerra, il Papa ha visitato un campo di profughi e, come messaggero di speranza, ha augura a tutti i centrafricani la pace, una grande pace: “Che voi possiate vivere in pace qualunque sia l’etnia, la cultura, la religione, lo stato sociale. Ma tutti in pace! Tutti! Perché tutti siamo fratelli. Mi piacerebbe che tutti dicessimo insieme: Tutti siamo fratelli". Nella sua omelia, il Santo Padre si è rivolto a tutti quelli che usano ingiustamente le armi di questo mondo: “deponete questi strumenti di morte; armatevi piuttosto della giustizia, dell’amore e della misericordia, autentiche garanzie di pace.” Pertanto si rivolgerà ai musulmani che visiterà nella Moschea Centrale di Koudoukou, Bangui: “Tra cristiani e musulmani siamo fratelli. Dobbiamo dunque considerarci come tali, comportarci come tali”. Un messaggio ancora di ribadire perché all’indomani della visita del papa, un musulmano sarà ucciso davanti alla moschea  a Bangui.


La gioia è stata immensa in Africa, nei paesi visitati. La folla, il popolo ha visto il Papa, lo ha sentito. La fede ne uscirà confermata. Questo sentimento è condiviso dal Papa che, nel suo viaggio ritorno ha affermato: “Si sentono visitati. Hanno un senso dell’accoglienza molto grande. Ho visto, nelle tre Nazioni, che avevano questo senso dell’accoglienza, perché erano felici di sentirsi visitati”.

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