Ci vuole un fisico bestiale...
Intervista ad un giovane romano che gira il mondo per amore della fisica e con un sogno nel cassetto: parlare di scienza in forma divulgativa perché tutti ne apprezzino i passi compiuti.
23 settembre 2013

Umberto Cannella, classe 1978, romano nato 35 anni or sono all'ombra della maestà der Cuppolone, come cantava
Antonello Venditti in un suo brano celebre. «Da piccolo - sottolinea Umberto - oltre che irrequieto, sono sempre stato molto curioso, in una maniera
quasi viscerale. Questo mi ha portato a iscrivermi all'Università La Sapienza
di Roma per studiare Astrofisica
»
.
Dopo la laurea si trova di fronte al bivio per molti neo-scienziati: restare o partire? Sceglie la Svizzera dove lavora quattro anni al dottorato di ricerca presso l'Università di Ginevra. Volendo continuare ad occuparsi di ricerca in fisica dello spazio dirige lo sguardo verso la costa est degli Stati Uniti, in particolare la zona di Washington D.C., la capitale federale. «Prima della fine dei due anni passati lì ho deciso di mettere da parte la ricerca e dedicarmi alla condivisione delle scienze fisiche tramite la divulgazione e l'insegnamento scolastico».
Ora, di nuovo a Ginevra come insegnante di fisica presso un liceo, mette in pratica una parte del suo sogno di parlare di fisica in maniera divulgativa, condividere lo studio sul quale si è a lungo speso con sacrifici, rendendo quelle formule, che solo un teorico di questo campo conosce a fondo, comprensibili, interessanti, il tutto con un linguaggio giovanile e accattivante.
Come è nata la passione per la fisica? «Lasciandosi sedurre dalla curiosità per quello che ci circonda, sia visibile che invisibile. L'anno della mia maturità uscì Fisica come materia; studiando per l'esame ricordo distintamente il momento in cui rimasi vittima del fascino di questa materia: due fili percorsi da corrente si attraggono; perché? Chi glielo ha ordinato? Volevo saperlo, dovevo capirlo! Poi i racconti di una mia cugina più grande, che frequentava la facoltà universitaria di Fisica mentre io ero al liceo: «Lo sai che l'universo si espande?» e «Lo sai che lo spazio e il tempo sono in realtà una cosa sola, che si ripiega su se stessa e può dare origine ai buchi neri?». Credo siano molte le persone che, sentendo queste parole, vorrebbero saperne un po' di più, anche quelle che a scuola hanno avuto un brutto rapporto con la matematica e le scienze. Trovo che sia molto più emotivo che razionale voler seguire la curiosità per la Natura (questo è il significato del termine greco "fisica"). A me questa scelta ha dato un senso alla vita, consentendomi di far coincidere l'attività lavorativa con una passione personale».
Lasciare l'Italia e Roma è stato difficile? «Il difficile non è stato tanto all'inizio quanto una volta "a regime". Quando ho deciso di partire, da poco laureato, avevo curiosità per l'estero ed entusiasmo per quello che, triste a dirsi, ci si vede offerto solo andando via dalla madrepatria. Sono passati ormai sette anni dal mio "arrivederci Italia" e non ho cambiato idea, anzi. Oggi però, nel preciso momento in cui scrivo, avrei voluto essere a Roma: lì, infatti, c'e la mia nipotina di tre anni che sta andando a vedere il suo primo cartone al cinema. Avrei tanto voluto accompagnarcela! Perciò a volte ci sono quei giorni un po' difficili, non per la nostalgia di casa quanto piuttosto per il constatare con rammarico che il mio Paese obbliga molti giovani a vivere lontano dai propri affetti per potersi realizzare come persone».
Formarsi e lavorare all'estero che cosa ti ha dato? «Lavorare all'estero offre un'opportunità unica, quella di vivere a contatto con persone di altre culture. Il mio percorso lontano dall'Italia si è svolto prevalentemente a Ginevra, dove sono tuttora: qui ho avuto modo di conoscere uomini e donne provenienti da vari paesi, europei e non. Forse in virtù della proverbiale vocazione alla neutralità della Svizzera, qui a Ginevra ho visto convivere pacificamente tutte queste nazionalità, con le loro culture e le loro religioni. Ritengo che questo relazionarsi con chi è altro da sé sia un arricchimento per chiunque, anche per chi decidesse di rientrare una volta effettuata la sua esperienza di vita all'estero».
Il progetto più interessante al quale hai collaborato? «Uno spettacolo di ballo, che parlava di scienza ovviamente! Le varie forme d'arte, così come il resto della cultura umanistica, sono molto più alleate che alternative alla scienza: per esempio, sono un mezzo per condividere la passione per la scienza e le emozioni che questa suscita. Durante il mio soggiorno negli Stati Uniti ho avuto la fortuna di collaborare con il dipartimento di danza dell'università nella quale mi trovavo. Una delle istruttrici di ballo voleva realizzare un progetto multidisciplinare con gli astronomi: io mi ci sono buttato a capo fitto proprio per quell'aspetto di condivisione a cui accennavo prima. Per come la penso io, infatti, serve a poco che un piccolo gruppo di esperti compia dei progressi scientifici, anche notevoli, se poi questi non sono da tutti conosciuti nella loro essenza e apprezzati nella loro utilità. Le mie ricerche scientifiche riguardano idee che Einstein ha avuto un centinaio di anni fa: da queste teorie sono state ottenute applicazioni pratiche che hanno cambiato la vita di tutti noi da cento anni a questa parte. (ndr. Tra gli esempi che Umberto cita ci sono i molteplici usi del laser, sia a livello ricreativo come CD e DVD, che a livello medico di diagnosi e cura delle malattie). Lo spettacolo di ballo, per il quale ho collaborato da dietro le quinte come referente scientifico, ha trasposto in maniera artistica delle caratteristiche della teoria di Einstein che sono più che mai attuali, visto che la loro osservazione diretta è prossima nel tempo e vede l'Italia impegnata in prima linea (Cfr. l'esperimento VIRGO) per studiare la "danza" dei buchi neri » .
Il tuo sogno nel cassetto? «Mi piacerebbe molto lavorare nella divulgazione scientifica su vasta scala, per esempio con organizzazioni come la NASA, con la quale ho avuto modo di collaborare dall'esterno, e il CERN di Ginevra. La visibilità mondiale di queste strutture e delle loro iniziative rende un servizio alla scienza e ai non addetti ai lavori. Il ruolo che mi piacerebbe ricoprire è quello di promotore di iniziative che coniughino "il sacro col profano" ovvero progetti che, come lo spettacolo di danza, si sforzino di usare un linguaggio più vicino agli interessi e alla sensibilità di chi ascolta che non di chi parla. Questo approccio ricorda un po' quello del marketing pubblicitario e, in base alla mia esperienza, è il più adatto per far provare a tutti la passione e l'interesse per la scienza, prima ancora che delle conoscenze scientifiche. Se la scienza in quanto impresa dell'essere umano non è conosciuta e apprezzata, è difficile pensare di preservare le basi della prosperità e del benessere delle quali godiamo oggi».
Incontrando Umberto non si ha l'impressione di trovarsi ad un seguace di Albert Einstein, forse per lo sguardo simpaticamente ammiccante o l'indole giocosa romana. Il nostro giovane scienziato, però, ha già un curriculum di tutto rispetto per la sua età, come tanti cervelli in fuga dal Belpaese che cercano di costruirsi il futuro.
Dopo la laurea si trova di fronte al bivio per molti neo-scienziati: restare o partire? Sceglie la Svizzera dove lavora quattro anni al dottorato di ricerca presso l'Università di Ginevra. Volendo continuare ad occuparsi di ricerca in fisica dello spazio dirige lo sguardo verso la costa est degli Stati Uniti, in particolare la zona di Washington D.C., la capitale federale. «Prima della fine dei due anni passati lì ho deciso di mettere da parte la ricerca e dedicarmi alla condivisione delle scienze fisiche tramite la divulgazione e l'insegnamento scolastico».
Ora, di nuovo a Ginevra come insegnante di fisica presso un liceo, mette in pratica una parte del suo sogno di parlare di fisica in maniera divulgativa, condividere lo studio sul quale si è a lungo speso con sacrifici, rendendo quelle formule, che solo un teorico di questo campo conosce a fondo, comprensibili, interessanti, il tutto con un linguaggio giovanile e accattivante.
Come è nata la passione per la fisica? «Lasciandosi sedurre dalla curiosità per quello che ci circonda, sia visibile che invisibile. L'anno della mia maturità uscì Fisica come materia; studiando per l'esame ricordo distintamente il momento in cui rimasi vittima del fascino di questa materia: due fili percorsi da corrente si attraggono; perché? Chi glielo ha ordinato? Volevo saperlo, dovevo capirlo! Poi i racconti di una mia cugina più grande, che frequentava la facoltà universitaria di Fisica mentre io ero al liceo: «Lo sai che l'universo si espande?» e «Lo sai che lo spazio e il tempo sono in realtà una cosa sola, che si ripiega su se stessa e può dare origine ai buchi neri?». Credo siano molte le persone che, sentendo queste parole, vorrebbero saperne un po' di più, anche quelle che a scuola hanno avuto un brutto rapporto con la matematica e le scienze. Trovo che sia molto più emotivo che razionale voler seguire la curiosità per la Natura (questo è il significato del termine greco "fisica"). A me questa scelta ha dato un senso alla vita, consentendomi di far coincidere l'attività lavorativa con una passione personale».
Lasciare l'Italia e Roma è stato difficile? «Il difficile non è stato tanto all'inizio quanto una volta "a regime". Quando ho deciso di partire, da poco laureato, avevo curiosità per l'estero ed entusiasmo per quello che, triste a dirsi, ci si vede offerto solo andando via dalla madrepatria. Sono passati ormai sette anni dal mio "arrivederci Italia" e non ho cambiato idea, anzi. Oggi però, nel preciso momento in cui scrivo, avrei voluto essere a Roma: lì, infatti, c'e la mia nipotina di tre anni che sta andando a vedere il suo primo cartone al cinema. Avrei tanto voluto accompagnarcela! Perciò a volte ci sono quei giorni un po' difficili, non per la nostalgia di casa quanto piuttosto per il constatare con rammarico che il mio Paese obbliga molti giovani a vivere lontano dai propri affetti per potersi realizzare come persone».
Formarsi e lavorare all'estero che cosa ti ha dato? «Lavorare all'estero offre un'opportunità unica, quella di vivere a contatto con persone di altre culture. Il mio percorso lontano dall'Italia si è svolto prevalentemente a Ginevra, dove sono tuttora: qui ho avuto modo di conoscere uomini e donne provenienti da vari paesi, europei e non. Forse in virtù della proverbiale vocazione alla neutralità della Svizzera, qui a Ginevra ho visto convivere pacificamente tutte queste nazionalità, con le loro culture e le loro religioni. Ritengo che questo relazionarsi con chi è altro da sé sia un arricchimento per chiunque, anche per chi decidesse di rientrare una volta effettuata la sua esperienza di vita all'estero».
Il progetto più interessante al quale hai collaborato? «Uno spettacolo di ballo, che parlava di scienza ovviamente! Le varie forme d'arte, così come il resto della cultura umanistica, sono molto più alleate che alternative alla scienza: per esempio, sono un mezzo per condividere la passione per la scienza e le emozioni che questa suscita. Durante il mio soggiorno negli Stati Uniti ho avuto la fortuna di collaborare con il dipartimento di danza dell'università nella quale mi trovavo. Una delle istruttrici di ballo voleva realizzare un progetto multidisciplinare con gli astronomi: io mi ci sono buttato a capo fitto proprio per quell'aspetto di condivisione a cui accennavo prima. Per come la penso io, infatti, serve a poco che un piccolo gruppo di esperti compia dei progressi scientifici, anche notevoli, se poi questi non sono da tutti conosciuti nella loro essenza e apprezzati nella loro utilità. Le mie ricerche scientifiche riguardano idee che Einstein ha avuto un centinaio di anni fa: da queste teorie sono state ottenute applicazioni pratiche che hanno cambiato la vita di tutti noi da cento anni a questa parte. (ndr. Tra gli esempi che Umberto cita ci sono i molteplici usi del laser, sia a livello ricreativo come CD e DVD, che a livello medico di diagnosi e cura delle malattie). Lo spettacolo di ballo, per il quale ho collaborato da dietro le quinte come referente scientifico, ha trasposto in maniera artistica delle caratteristiche della teoria di Einstein che sono più che mai attuali, visto che la loro osservazione diretta è prossima nel tempo e vede l'Italia impegnata in prima linea (Cfr. l'esperimento VIRGO) per studiare la "danza" dei buchi neri » .
Il tuo sogno nel cassetto? «Mi piacerebbe molto lavorare nella divulgazione scientifica su vasta scala, per esempio con organizzazioni come la NASA, con la quale ho avuto modo di collaborare dall'esterno, e il CERN di Ginevra. La visibilità mondiale di queste strutture e delle loro iniziative rende un servizio alla scienza e ai non addetti ai lavori. Il ruolo che mi piacerebbe ricoprire è quello di promotore di iniziative che coniughino "il sacro col profano" ovvero progetti che, come lo spettacolo di danza, si sforzino di usare un linguaggio più vicino agli interessi e alla sensibilità di chi ascolta che non di chi parla. Questo approccio ricorda un po' quello del marketing pubblicitario e, in base alla mia esperienza, è il più adatto per far provare a tutti la passione e l'interesse per la scienza, prima ancora che delle conoscenze scientifiche. Se la scienza in quanto impresa dell'essere umano non è conosciuta e apprezzata, è difficile pensare di preservare le basi della prosperità e del benessere delle quali godiamo oggi».
Incontrando Umberto non si ha l'impressione di trovarsi ad un seguace di Albert Einstein, forse per lo sguardo simpaticamente ammiccante o l'indole giocosa romana. Il nostro giovane scienziato, però, ha già un curriculum di tutto rispetto per la sua età, come tanti cervelli in fuga dal Belpaese che cercano di costruirsi il futuro.
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