lunedì 27 marzo 2023
Albania: la "terra dove finisce la terra" non si può dimenticare
di Andrea Montesano
L'esperienza di un gruppo di giovani che ci è andato con i Salesiani. Quel Paese è come il fango: non piace a nessuno ma non te lo scrolli più di dosso
8 ottobre 2012
Vinicio Capossela, dell'Albania direbbe: "..terra di dove finisce la terra.”, ed è un espressione utile a esprimere i soprusi che questa bellissima terra ha subito fino agli inizi degli anni novanta dalla dittatura comunista, per ben quarantacinque anni. Dove finiva la terra di confine infatti, finiva addirittura anche il solo pensiero, di un popolo obbligato a dimenticare un mondo occidentale e sviluppato, che non doveva influenzarlo in alcun modo. L’Albania divenne quindi uno dei paesi più estraniati e isolati dal resto dell’Europa e del mondo.
Oggi invece ha raggiunto incredibilmente, in circa un ventennio, le sembianze di un paese “alla pari”, con voglia di riscattarsi, di conoscere, di crescere, di cambiare, affermarsi e gridare al mondo con tanta forza di volontà, che il popolo shqiptar non ha più alcuna intenzione di rinunciare ai propri diritti.

L’AmVis dell’Ispettoria Meridionale Salesiana, quest’anno ci ha dato l’opportunità di partire nel mese di Agosto alla volta dell’Albania. Dall’Ispettoria siamo partiti in otto, e alloggiavamo all’Oratorio Salesiano di Scutari, all’interno del quale il pomeriggio eravamo di sostegno alle attività dell’Efekti Sere, una seconda Estate Ragazzi dopo la prima svoltasi nei mesi di Giugno-Luglio. La mattina invece, la nostra attenzione si concentrava per la città e dintorni, alle prese con campi rom, ragazzi disabili abbandonati, attività di manovalanza all’interno dell’oratorio stesso o presso villaggi limitrofi, come quello di Berdice.

Quest’esperienza ci ha dato l’opportunità di vivere forti realtà ,toccando con mano la cultura e l’essenzialità, la povertà della gente del posto e dei ragazzi incontrati nelle varie esperienze. Il bello era che tutto il servizio prestato veniva contraccambiato da sorrisi che ti si stampavano dentro. Abbiamo imparato a scoprire davvero la gratuità nel compiere gesti, azioni, nel sorridere, nell'aprirsi all’altro, pur senza comprendere ciò che egli voleva comunicarti a causa di una lingua del tutto sconosciuta, ma che diventava ricchezza con un semplice faleminderit ,che in albanese significa “grazie”. Siamo stati in grado di farci strumento d’amore nelle mani del Signore, per trasmettere, ai ragazzi disagiati dell’oratorio di Shkoder, che esiste un domani in cui credere, un domani in cui hanno creduto tutti coloro che venti anni fa sentirono dire che “il porto di Durazzo era aperto”.

Una sera don Dominik, salesiano dell’oratorio di Gjilan parlandoci dell’Albania disse: “l’Albania è come il fango, è un pò fastidiosa, a nessuno piace e si stenta ad andarci, ma una volta che ci entri ti si appiccica addosso e non si stacca facilmente”.



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