martedì 23 aprile 2024
Egitto 1962: cattolici in fuga dal nazionalismo
di Matteo Caselli
La storia di una famiglia che per colpa della politica oppressiva nazionalistica araba è stata costretta ad una diaspora che l'ha obbligata a iniziare da zero in nuovi Paesi
25 maggio 2023

Questa è la storia di una coppia di sposi, Liliana e George, e della loro famiglia. Vivevano ad Alessandria d’Egitto nel periodo fra le due guerre mondiali.

Il Nord Africa, in quel periodo, era pieno di occidentali provenienti da molti Paesi e la popolazione per l’80% era cristiana cattolica.

Alessandria era una città cosmopolita, prodotto di una meravigliosa mescolanza fra odori, sapori, cultura e arte araba mescolata a servizi e infrastrutture occidentali molto ben organizzate.

Negli anni ’50, sotto l’impero ottomano, le cose cominciano a cambiare: la famiglia è benestante, cattolica maronita, convive pacificamente con persone provenienti dalla Grecia, dalla Spagna, dalla Francia, ma il passato improntato a libertà, ricchezza, e benessere si sta allontanando  lentamente ma inesorabilmente.

   

Le battute di caccia nel deserto, alla ricerca di gazzelle, o le uscite in barca a pesca sul Mar Rosso, i viaggi alla ricerca di animali esotici da rivendere ai circhi sono solo un ricordo. 

         

Ciononostante anche durante la seconda guerra mondiale i ricordi hanno ancora una connotazione positiva di solidarietà e altruismo: George ricorda di quando un giorno, mentre era per mano alla sua mamma per strada, ha sentito volare un aereo, di quelli ad elica con l’abitacolo visibile. L’aereo, dopo aver fatto inversione di rotta, è volato sopra le loro teste per gettare viveri. Erano anni di fame e guerra e quel gesto è ancora scolpito nella memoria e nel cuore di un uomo ormai anziano, che non ha mai sottovalutato quel pensiero gentile. 

L’arrivo di Nasser

Nel 1956, Il nuovo Presidente della Repubblica egiziana è Nasser, che inizia la politica del nazionalismo arabo che renderà il clima politico irrespirabile per i cristiani, escludendoli dalle cariche pubbliche, considerandoli cittadini di serie b, dando il via alla discriminazione che porterà la maggior parte di loro a fuggire.

I protagonisti di questa storia si erano da poco sposati con il rito maronita, che prevede la messa pronunciata in aramaico, la lingua di Gesù. Dopo appena 2 anni di matrimonio, nel 1962 scapperanno dall’Egitto a bordo di una nave, che li traghetterà verso Cipro, e da lì prenderanno l’aereo per raggiungere l’Italia.

La fuga  dalla loro patria avverrà senza alcun bagaglio, senza i propri effetti personali, senza soldi (ognuno poteva portare con sé solo 50.000 lire), senza null’altro che i propri ricordi. Hanno abbandonato la casa, i vestiti, i mobili, le proprie ricchezze. Liliana, per poter salvare alcuni dei suoi ricordi, li cuce sotto l’orlo della gonna che indossa.

Anche i fratelli di George e Liliana fuggiranno: chi diretto in Australia, chi in Grecia, chi in Svizzera, chi in Canada e USA, chi in Brasile. 

Gli ultimi a partire dal Libano negli anni 70, sono i cugini di 12 e 14 anni che, quando arriveranno in Italia, racconteranno storie agghiaccianti di sparatorie con i Kalashnikov dietro a barricate di emergenza costruite per le strade. Sono gli anni della guerra civile. Mostreranno, avvolte in un fazzoletto, le schegge di una bomba i cui frammenti avevano distrutto le vetrate della loro casa.

Lo sguardo al futuro

Ognuno di loro dovrà ricominciare da zero, inventarsi un futuro sfruttando quello che sa fare o può imparare velocemente a fare. 

Lontani fisicamente, i fratelli cercano in ogni modo di tenersi in contatto. Con difficoltà cercano di mantenere i rapporti: non sono anni facili quelli. Non c’è internet, non c’è Facebook, e l’unico modo per sentirsi è scriversi, a volte telefonare… ma costa caro e non possono permetterselo spesso. 

            

Ognuno di loro, come può, cerca il proprio spazio nel mondo. Lavorano sodo senza riposarsi mai, per creare un nuovo futuro per se stessi, le loro mogli, i figli.

Ma sempre nel cuore rimane il desiderio di vedersi e colgono ogni occasione per ricongiungersi: i battesimi, i compleanni, le comunioni, organizzano pranzi e cene solo per il piacere di ricordare il passato. Quando si incontrano è sempre festa grande, le tavolate sono interminabili, come quando erano ancora in Egitto e i commensali parenti più stretti raggiungevano le 50 unità, e le lingue parlate sono sempre diverse.

Riescono a crearsi carriere di successo, contribuiscono allo sviluppo dei Paesi che li hanno accolti e integrati nei loro tessuti. Con orgoglio continuano a professare la propria religione consapevoli che questa libertà non sia scontata ed anzi sia un diritto che va difeso con coraggio e con onore.

Ma soprattutto raccontano, con tanti particolari, con emozione, con trasporto, la loro storia ai nipoti e ai pronipoti perché mai quello che hanno  vissuto possa capitare nuovamente a qualcuno di loro.

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