Brutto come il debito... liberiamoci!
Quando nasciamo siamo già indebitati, senza averlo scelto. Ma si può scegliere la sobrietà, per difendere la nostra libertà. Riflessioni a partire dal libro "Sdebitiamoci"
20 novembre 2013

Perché scrivere un libro e intitolarlo sdebitiamoci? «Perché mi sta antipatico il debito – risponde sarcasticamente l’autore – anzi sono innamorato del risparmio perché questi signori che ci vogliono riempire di debito, nei fatti ci espropriano della nostra vita. Siamo tutti schiavi. Uno Stato serio dovrebbe introdurre il reato d’induzione all’indebitamento: oggi possiamo comprare a rate tutto, è tutto in vendita, ma la nostra libertà non è in vendita e dovremmo alzare il suo prezzo». Un'ulteriore risposta al suo impegno Malpegni la dà citando Pepe Mujica: «La mia idea di vita è la sobrietà. Concetto ben diverso da austerità, termine che avete prostituito in Europa, tagliando tutto e lasciando la gente senza lavoro. Io consumo il necessario, ma non accetto lo spreco. Perché quando compro qualcosa non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo per se stessi io lo chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei consumi. L’alternativa è farti schiavizzare dal lavoro per permetterti consumi cospicui, che però ti tolgono il tempo per vivere.»
Ma come si fa vivere una vita sobria? La risposta è semplice: risparmiando. «L’educazione al risparmio c’è sempre stata, già un secolo e mezzo fa un Papa parlava di educazione al risparmio in una delle encicliche più rivoluzionarie della storia, quel pontefice era Leone XIII e l'enciclica la Rerum Novarum». Oggi l’educazione al risparmio non esiste, anche perché non conviene alla società dei consumi promuovere un'educazione di questo tipo. Antonio Cajelli, presente all’incontro, ha raccontato la sua esperienza di banchiere pentito, come si definisce ironicamente lui stesso. Oggi è un educatore finanziario, «anche se è una professione che ancora non esiste, ma per la quale io mi batto affinchè esista. Le famiglie, la scuola, lo Stato non educano finanziariamente. Uscito dalla banca ho capito che quello che avevo appreso fino ad allora era stato un modello che anziché tutelare le persone tutela le banche». Cambiare direzione si può e si deve con ogni mezzo, per riappropriarci della libertà della salute e della serenità in una parola sola della vità.
L’incontro, promosso all'interno della settimana culturale della filosofia, è stato moderato da Vittorio Sanmarco, giornalista e docente dell'Università Pontificia Salesiana.
20 novembre 2013




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